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L'elastografia, un passo avantiLa tecnica di elastografia a ultrasuoni, già utilizzata per individuare alcune patologie, potrebbe essere applicata anche nella diagnosi dei noduli della tiroide, come rivela uno studio francese.
L'elastografia consentirebbe di distinguere con maggior chiarezza i casi di noduli della tiroide benigni dai casi di noduli maligni analizzando il grado di rigidità del tessuto tumorale. Ma il tessuto raccolto non è sufficiente per assicurare l'analisi citologica ed è difficile la diagnosi quando ci si trova di fronte a casi di noduli multipli della tiroide. Invece, la tecnica dell'elastografia a ultrasuoni permette di differenziare i benigni dai maligni con una sensibilità dell'85% e una specificità del 94%. Associata ad altri strumenti diagnostici, l'elastografia sarebbe utile nel caso in cui l'esame con l'ago aspirato risulti di difficile praticabilità. L'elastografia è insomma una tecnica non invasiva, già conosciuta e sperimentata in sostituzione di altri esami di prelevamento di tessuto compromesso, come la biopsia. Ad esempio, è un metodo di diagnosi utile nei casi di fibrosi epatica, ovvero di alterazione del tessuto epatico, patologia che può portare alla cirrosi.
L'elastografia viene infatti eseguita con un apparecchio a ultrasuoni che, attraverso una apposita sonda da applicare in prossimità della zona colpita da patologia (il collo nel caso della tiroide, il petto nel caso del fegato), applicandola semplicemente sulla cute. La tecnica dell'elastografia permette una buona valutazione del tessuto tumorale, soprattutto in stadi estremi come quello iniziale e quello avanzato, mentre è meno accurato per gli stadi intermedi. Un vero limite dell'elastografia è nei pazienti obesi, laddove cioè il volume del grasso ostacola l'onda prodotta dalla sonda.
Link utili: Noduli tiroidei ed elastografia
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