Curare l’osteoporosi in postmenopausa
L’osteoporosi è una malattia dello scheletro che si manifesta con una riduzione della massa ossea e un aumento della fragilità ossea che comportano un aumento delle possibilità di fratture. La diagnosi di tale patologia viene realizzata tramite la Densitometria Ossea , maggiormente nota con il nome di MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata). Un soggetto è affetto da osteoporosi se da questa analisi risulta che il valore BMD è pari a 2,5 di deviazione standard o più rispetto ai valori medi riscontrati nei giovani adulti.
Per curare l’osteoporosi nelle donne in postmenopausa esistono diverse terapie tra cui poter scegliere.
Assunzione di calcio e vitamina D3:
il calcio riduce la perdita minerale ossea, ma non diminuisce la frequenza delle fratture. Per questo motivo generalmente si preferisce associare all’assunzione di calcio quella della vitamina D3, perché tale vitamina permette un assorbimento ottimale del calcio e l’associazione di queste due sostanze porta ad una riduzione delle fratture di ogni tipo.
Il metodo migliore per assumere il calcio è tramite una dieta e non attraverso l’assunzione di integratori alimentari, perché l’organismo tende ad assorbire più quantità di calcio se ingerito tramite il cibo. Inoltre, gli integratori di calcio non hanno gravi effetti collaterali, ma comunque possono far insorgere gonfiore intestinale, eccessiva flautolenza e stipsi.
L’apporto giornaliero di calcio per curare l’osteoporosi nelle donne in postmenopausa è di 1200mg, mentre per la vitamina D viene considerato adeguata un’assunzione giornaliera di 600UL/die fino ai 70 anni di età e di 800UL/die per coloro che hanno superato tale età.
La somministrazione di una dose eccessiva di vitamina D può provocare l’ipercalciuria e l’ipercalcemia, per questo si è stabilito come livello di sicurezza i 4.000 UL/die.
Bifosfonati:
1) Alendronato: bifosfonato che viene assunto per via orale con una dose giornaliera o settimanale e che permette di ottenere una sensibile riduzione di fratture vertebrali.
2) Risedronato: viene assunto per via orale tramite una monodose giornaliera o settimanale, in Italia esiste solo la possibilità di adoperare la dose giornaliera perché quella settimanale non è in commercio.
3) Ibandronato: può essere preso in monodose giornaliera, settimanale o mensile (per via orale) o per via EV (una volta ogni 3 mesi) che è risultata essere più efficace rispetto alle altre.
L’assunzione dei bifosfonati può però far insorgere dolori addominali, diarrea, pirosi gastroesofagea, esofagite ed altre complicanze gastroenteriche, forti dolori ossei, articolari e muscolari. Inoltre, nei soggetti con carenza di vitamina D può manifestarsi ipocalcemia. Questi farmaci devono essere presi al mattino a digiuno con ¼ di litro d’acqua e dopo l’assunzione il soggetto non deve ingerire cibo, può bere solo trascorsi 30 minuti, deve evitare di sdraiarsi e può fare colazione dopo un’ora.
4) Acido zolendronico: la sua somministrazione avviene tramite una dose annuale di 5 mg di prodotto tramite EV, gli studi hanno dimostrato che questo farmaco utilizzato nella cura dell’osteoporosi permette di ottenere una significativa riduzione delle fratture, ma non è stato ancora accertata la durata dell’effetto benefico del farmaco, né la sua sicurezza nel lungo periodo. Inoltre, in pazienti con funzionalità renale ridotta sono insorti casi di insufficienza renale anche gravi.
Nei paziente che assumono i farmaci bifosfonati per via EV si sono manifestate febbri lievi, atralgie e mialgie e con l’impiego cronico di bifosfonati in soggetti affetti da cancro o immunocompromessi si è presentata l’osteonecrosi mascellare.
Raloxifene:
è un modulatore selettivo dei recettori estrogenici con un effetto simil estrogeno solo sulle ossa, senza avere effetti sugli organi estrogeno-dipendenti.
Il risultato ottenuto con questo farmaco nella cura dell’osteoporosi in donne in postmenopausa è una riduzione del rischio di fratture vertebrali, ma non di fratture non vertebrali. Come effetti collaterali sono state riportate vampate di calore, edema periferico, crampi alle gambe e un aumento del rischio di eventi trombo embolici.
Estrogeni:
favoriscono la formazione di osteoblasti e quindi di nuovo osso, possono essere usati da soli o in associazione con calcio e vitamina D e sono particolarmente idonei per curare l’osteoporosi in donne giovani in menopausa chirurgica o nei primi anni dopo la menopausa spontanea.
L’Ormone Paratiroideo è una delle possibile cure per l’osteopenia in postmenopausa: questo farmaco viene somministrato in basse dosi tramite iniezioni sottocutanee con un trattamento che non può andare oltre i due anni; questo farmaco permette di aumentare la densità ossea stimolando la formazione di nuovo tessuto osseo. Gli effetti collaterali che si sono presentati a causa dell’utilizzo dell’ormone paratiroideo sono:mal di testa, vertigini, crampi muscolari e nausea. Inoltre può provocare anche ipercalcemia, ma l’insorgenza di questa è evitabile limitando l’assunzione di integratori di calcio e di vitamina D.
Calcitonina:
la calcitonina di salmone è un ormone che viene somministrato per curare l’osteoporosi postmenopausa tramite iniezione intramuscolare e il vantaggio apportato dall’utilizzo di questo ormone è la riduzione del riassorbimento osseo. Come effetti collaterali possono manifestarsi reazioni allergiche gravi, vampate di calore e nausea.
Denosumab:
anticorpo monoclonale interamente umano e somministrato per via sottocutanea ogni sei mesi, esso inibisce la formazione di osteoclasti (cellule ossee che rimuovono il tessuto osseo), riduce l’incidenza di nuove fratture e il riassorbimento osseo. Purtroppo tutti gli effetti positivi di questo anticorpo scompaiono una volta interrotta la cura per l’ostoporosi. L’assunzione di denosumab può provocare infezioni gravi, pancreatiti, neoplasie maligne, l’osteonecrosi dei mascellari, rush cutanei, dermatiti ed eczemi. Inoltre, l’uso di questo anticorpo è sconsigliato nei pazienti affetti da ipocalcemia.
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