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sarcoma di EwingNovità sul sarcoma di Ewing

Il sarcoma di Ewing è il secondo tumore più comune delle ossa dopo l'osteosarcoma ed è una malattia molto aggressiva, in cui la guarigione dipende molto dallo stadio della neoplasia. Esso colpisce in prevalenza le ossa del bacino, la tibia, il perone e il femore, ma può anche iniziare nei tessuti molli. Il sarcoma di Ewing si verifica più spesso negli adolescenti, con quasi la metà dei casi in età compresa tra i 10 e 20 anni.

 


La causa del sarcoma di Ewing nei bambini è ancora sconosciuta, perché questo tipo di tumore è slegato dal comportamento delle più comuni forme di neoplasia e non ha carattere ereditario. I sintomi del sarcoma di Ewing dipendono dall'osso in cui il tumore si sviluppa. Essi includono: dolore osseo e gonfiore del tessuto molle intorno all'osso colpito,
sintomi generali come l'anoressia, febbre, malessere, affaticamento e perdita di peso in caso di sarcoma di Ewing con metastasi e sintomi più specifici riguardanti la zona colpita dalla neoplasia.

L'estensione del sarcoma di Ewing è il fattore più importante nel determinare come la malattia progredisce, ma altre caratteristiche che rivelano il suo grado di aggressività sono l'età del paziente, le dimensioni del tumore, la presenza di metastasi, la conta dei leucociti, le ossa colpite, la velocità di sedimentazione. Tuttavia negli ultimi giorni è avvenuta un'importante scoperta che riguarderebbe il sarcoma di Ewing: sembra infatti che togliendo una proteina di membrana, la CD99, le cellule tumorali del sarcoma di Ewing non sviluppino più le loro masse.

Questa importante intuizione sul sarcoma di Ewing è una scoperta italiana a opera di un gruppo di sei ricercatrici dell'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna e verrà pubblicata sul numero di marzo della rivista scientifica internazionale Journal of Clinical Investigation. La proteina CD99 fa in modo che la cellula normale si trasformi in tumorale, secondo la scoperta. Togliendo la CD99 l'oncogene, pur essendo presente e attivo, non indirizza più la cellula malata verso la malignità, bensì verso funzioni normali. Il risultato è frutto di quattro anni di ricerca, ha spiegato Katia Scotlandi, responsabile del Centro di Riferimento Specialistico Sviluppo di Terapie Biomolecolari del Rizzoli.

Per arrivare al risultato il gruppo di ricerca dell'Istituto bolognese ha collaborato con un team statunitense dello Utah, con l'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e l'Istituto Superiore della Sanità. "Va detto con chiarezza che non siamo di fronte a una possibilità immediata di nuove cure per i pazienti - ha spiegato la Scotlandi - Siamo però a una svolta, perché per la prima volta sappiamo dove guardare per comprendere origine e modalità di evoluzione del sarcoma di Ewing: interferire con l'azione della proteina CD99 può rappresentare una nuova strategia terapeutica contro questa patologia, ma soprattutto questo lavoro apre la strada all'idea di una terapia differenziativa, cioé che incida sulla capacità delle cellule di differenziarsi in modo normale, per i sarcomi, in analogia alle leucemie"

Link utili: 

Sarcoma di Ewing

Istituto Ortopedico Rizzoli

Istituto Nazionale Tumori di Milano

 

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