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Tipi di insonniaDiversi sono i criteri che si possono seguire nel tentativo di classificare i vari tipi di insonnia...

Alcuni di essi sono certamente troppo complessi: è importante poter proporre una classificazione relativamente semplice che però si presti in maniera soddisfacente - e soprattutto che sia realmente utile - ad essere uno strumento di efficace utilizzazione clinica. Nel tener presente questa necessità classificando i vari tipi di insonnia farò riferimento essenzialmente a tre criteri: fenomenologico, temporale, eziologico.

 

Per leggere: "Igiene mentale del sonno"

Diversi sono i criteri che si possono seguire nel tentativo di classificare i vari tipi di insonnia.  Alcuni di essi sono certamente troppo complessi: è importante poter proporre una classificazione relativamente semplice che però si presti in maniera soddisfacente - e soprattutto che sia realmente utile - ad essere uno strumento di efficace utilizzazione clinica.
  Nel tener presente questa necessità classificando i vari tipi di insonnia farò riferimento essenzialmente a tre criteri: fenomenologico, temporale, eziologico.

1) Classificazione fenomenologica

All’interno di questa classificazione l’insonnia verrà considerata in base alle sue diverse manifestazioni in:

a) Insonnia totale: è un evento piuttosto raro o comunque generalmente di breve durata.  Può dipendere da situazioni spiacevoli (insonnia reattiva), da lesioni encefaliche gravi ovvero far parte del quadro sintomatologico di uno stato maniacale.

b) Insonnia parziale: è certamente la varietà più frequente e comprende il 99% delle insonnie.  Viene genericamente suddivisa in:

• iniziale o predormizionale: difficoltà di addormentamento variabile dalla mezz’ora a diverse ore (in riferimento all’ora di addormentamento media del paziente);
• centrale o dormizionale: è caratterizzata da numerosi risvegli notturni, a volte di lunga durata, ma più spesso di breve durata, che compromettono oltre che la quantità anche la qualità del sonno;
• dormizionale: in questo caso l’addormentamento è normale. Il risveglio può avvenire dopo due o tre ore di sonno e in genere il paziente non riesce a riaddormentarsi. E’ tipico della depressione endogena.

2) Classificazione temporale

Un secondo elemento è rappresentato dalla durata dell’insonnia.  Spesso la sua valutazione può risultare un compito di non facile esecuzione soprattutto in funzione del fatto che il paziente tende frequentemente ad  esagerare  la durata dell’insonnia.
La maggior parte degli autori è d’accordo nel suddividere l’insonnia in:
a) Transitoria: la sua durata è compresa tra i pochi giorni e le due settimane.  A sua volta può essere suddivisa in:
• occasionale: di solito è collegata ad esperienze comuni, quali situazioni di carattere somatico (stati dolorosi, tosse etc.) o psichico (esperienze di perdita, lutti o separazioni, attesa di avvenimenti piacevoli o spiacevoli, problemi sul lavoro o in ambito familiare);                             
• ricorrente (o ciclica): di solito legata a condizioni che tendono con una periodicità ben  precisa a ripetersi nel tempo come cefalee a grappolo,dolori da ulcera peptica,stati depressivi mascherati.                                               
b)  Persistente: la sua durata è compresa entro le tre settimane.  Le cause possono essere varie e di solito questo tipo di insonnia rappresenta la spia di un disturbo somatico (generale o neurologico) o di una malattia psichica (depressione, disturbo ossessivo/compulsívo, eccitamento maniacale, psicosi acute);
c) Insonnia cronica: la sua durata oltrepassa le tre settimane e può protrarsi per mesi o anni.  Alla base c’è quasi sempre un disturbo che rientra nell’area psichiatrica, spesso di natura nevrotico, complicato frequentemente da un condizionamento negativo del soggetto nei riguardi del proprio sonno (agripnofobia) o dell’ambiente in cui dorme: in questi casi si parla di insonnia condizionata o tensionale.

3) Classificazione eziologica

 a) Insonnia primaria o  situazionale: dipende da avvenimenti che compromettono il sonno in maniera episodica e che possono essere di natura organica oppure psicologica (avvenimenti a contenuto spiacevole o a forte carica emotiva, esperienze di separazione etc.);

b) Insonnia secondaria a:

• Malattie psichiatriche: psicosi affettive e schizofreniche; demenze primarie (Morbo di Alzheimer) e secondarie;
• Malattie neurologiche: Morbo di Parkinson, encefaliti, encefalopatie tossiche, Corea di Huntinghton;
• Malattie internistiche: angina pectoris; ernia iatale; ulcera duodenale; sindrome del tunnel carpale; osteoartrosi; artrite reumatoide; asma bronchiale; ipertensione arteriosa; emicrania classica; aritmie cardiache; paralisi progressiva; ipertiroidismo; ipotiroidismo; insufficienza renale cronica; cardiopatie varie; scompenso cardiaco; encefaliti;
• Abuso di farmaci o alcool:
 - da farmaci ad azione stimolante il sistema nervoso centrale (anfetamine, cortisone, etc.)
 - uso protratto e rapida sospensione di benzodiazepine
¬- da alcolismo cronico.
-sindrome delle gambe senza riposo.
¬¬-apnea morfeica

c) a situazioni particolari

- jet lag sindrome;
- da lavoro (turnisti)
- mancanza di zeitgeber (studenti, anziani, disoccupati)

L’insonnia: quadri clinici


A) INSONNIA PRIMARIA

La maggior parte degli autori è concorde nell’indicare come insonnia primaria quella particolare forma d’insonnia che non è associata ad alcun disturbo di natura organica o psichiatrica. 
Recentemente è stata pubblicata una International Classification of Sleep Disorders (ICSD) in cui si parla di sottotipi di insonnia primaria come forme cliniche autonome.  Allo stato attuale delle nostre conoscenze, forse è azzardato aderire ad una simile impostazione, ma se teniamo presente che esiste la possibilità di una sovrapposizione tra i vari quadri clinici di insonnia primaria o comunque una continuità tra di loro, questo ci potrebbe essere d’aiuto nel considerarla un disturbo ad etiologia multifattoriale, in cui vari fattori giocano un ruolo che può essere più o meno rilevante a seconda delle circostanze.  Ci sembra pertanto interessante riportare i quadri clinici dell’insonnia primaria secondo l’ICSD:

1) Insonnia intrinseca (da fattori relativi al paziente):

a) insonnia idiopatica;

b) insonnia psicofisiologica;

c) dispercezione dello stato di sonno.

11) Insonnia estrinseca (da fattori esterni al paziente):

a) inadeguata igiene del sonno;

b) sindrome da sonno insufficiente;
C) disordine del sonno da adattamento.

Analizzeremo i vari quadri cercando di sottolinearne le differenze
essenziali.

a) Insonnia idiopatica
Si tratta di una forma ad insorgenza in età infantile, raramente osservabile nella sua forma pura e persistente.  Si distingue dalla forma psicofisiologica per il fatto che quest’ultima richiede una condizione di disadattamento o una qualche forma di stress per potersi manifestare sulla base di una leggera tendenza ad un sonno ridotto.  L’insonnia idiopatica persiste per tutta la vita rappresentando un disturbo di una certa serietà che non può essere spiegato sulla base di un trauma infantile o di un disturbo di natura somatica o psichica.
Naturalmente esiste la possibilità di una sovrapposizione o comunque di una continuità tra i vari quadri, per cui un’insonnia idiopatica può essere aggravata da vari fattori che possono essere rappresentati da una cattiva igiene del sonno, condizionamenti negativi o disturbi di natura psichiatrica.

b) Insonnia psicofisiologica
Questa forma è dovuta ad un comportamento appreso che ostacolerebbe il sonno: in questo caso tutta l’attenzione del paziente sarebbe centrata sulla sua incapacità a dormire, ed è questo il tratto specifico che sostanzialmente caratterizza questa insonnia. Nei pazienti, sofferenti per insonnia psicologica si sono riscontrati profili psicologici abnormi, con caratteristiche di malessere, diffidenza, meccanismi di annullamento e diniego.
Anche in questo caso si può constatare la continuità esistente tra questo disturbo ed altre situazioni, quali una cattiva igiene del sonno, la distimia, il disturbo di ansia generalizzato e l’insonnia idiopatica.  Questi pazienti hanno una qualità del sonno compresa entro i limiti della norma durante l’adolescenza, che tuttavia viene compromessa in un secondo tempo con l’avanzare dell’età.
Alcuni autori sottolineano come questo costituisca un disturbo distinto rispetto all’insonnia idiopatica: in età adulta è facile confondere i due quadri, dal momento che un’insonnia idiopatica può complicarsi a causa del sopraggiungere di fattori di varia natura, al punto di sfumare in un’insonnia psicofisiologica, la quale a sua volta riconosce una base fisiopatologica nella tendenza ad un sonno mediamente più scadente.  Attualmente, quindi, ancora non è chiaro il senso di questa distinzione e soprattutto non è chiarita la sua importanza ai fini clinici e terapeutici.

c) Dispercezione dello stato di sonno
Con questa espressione si vuole indicare una situazione di discrepanza tra il disturbo della qualità e della quantità del sonno, percepito soggettivamente e lamentato dal paziente, e la compromissione effettiva del sonno rilevabile oggettivamente (polisonnografia).  Complessivamente questo disturbo sembra riguardare almeno il 15% dei pazienti sofferenti di insonnia.  In effetti spesso, oggettivamente, non si riscontrano disturbi che siano all’altezza della gravità lamentata dal paziente: se ne deduce l’esistenza di una qualche tendenza da parte del soggetto sofferente di insonnia a sottostimare la qualità del proprio sonno e a sovrastimare il tempo passato a letto da sveglio.  Attualmente non si èancora in grado di individuare quali siano i fattori che intervengono nella valutazione soggettiva della qualità e della quantità del proprio sonno.  Comunque la dispercezione dello stato di sonno sembra essere più una caratteristica generale dell’insonnia cronica, con la quale esiste probabilmente un rapporto di continuità.

II) Insonnia estrinseca

a) Inadeguata igiene del sonno
Con il termine igiene del sonno si deve intendere la difesa delle condizioni naturali che permettono il sonno normale.

Alcune abitudini, l’attività svolta durante il giorno, il consumo voluttuario di determinate sostanze e l’eccessiva quantità di tempo trascorsa a letto sono tra i tanti fattori che possono influenzare negativamente il sonno.  Sembra che non esista un’insonnia da scorretta igiene del sonno, come disturbo autonomo; piuttosto un’errata igiene rappresenta spesso uno dei fattori che contribuiscono ad esacerbare e a mantenere un disturbo del sonno.  Stranamente è stato riscontrato che in materia di igiene del sonno sono proprio gli insonni ad essere i più aggiornati; essi però continuano a mettere in atto una serie di comportamenti che non favoriscono un corretto svolgimento del sonno.
b) Disordine del sonno da adattamento
L’ICSD usa questa espressione per indicare un’insonnia in cui l’elemento prevalente è rappresentato dalla reazione allo stress, e che tende alla remissione nel momento in cui la causa iniziale viene rimossa o c’è un buon adattamento ad essa.  Probabilmente questa forma coincide con l’insonnia reattiva di altre classificazioni dal momento che il tratto essenziale è costituito dall’identificazione possibile di un evento stressante che precede l’insorgenza del disturbo, presentando con esso un legame temporale evidente.  La durata di questa forma di insonnia è caratteristicamente limitata nel tempo (due settimane) anche se da alcuni studi risulta che nei pazienti in cui esiste una tendenza alla depressione il disturbo tende a persistere più a lungo.
In alcuni casi eccezionali, pur risolvendosi la causa iniziale, l’insonnia tende a permanere, come è successo di verificare nei pazienti sopravvissuti alla detenzione nei campi di concentramento nazisti.
L’argomento riguarda più strettamente i disturbi da stress post -traumatico, in cui la compromissione del sonno è sempre un carattere distintivo, ma ci sembra interessante accennarlo in questa sede.
Secondo alcuni autori sembra che i soggetti che hanno vissuto un’esperienza in un campo di concentramento, che rappresenta indubbiamente un trauma emotivo abnorme, accusano, oltre a depressione ed ansietà, anche insonnia ed incubi Uno studio delle caratteristiche del sonno effettuato su questi individui, per mezzo del Pittsburg Sleep Quality Index, ha messo in evidenza che il punteggio è correlato positivamente con il numero di anni trascorsi nei campi di concentramento e la durata del disturbo del sonno e degli incubi.
In altre parole, la durata dell’evento stressante avrebbe ripercussione sulla durata del disturbo del sonno e su eventuali suoi residui, anche a distanza di decenni: molti individui continuano ad avere questi disturbi a distanza di 45 anni.

B) INSONNIA SECONDARIA

a) Malattie psichiatriche
Depressione
Nei disturbi dell’affettività vi può essere un’incapacità cronica o ricorrente a mantenere il sonno: i pazienti si lamentano di una continua irrequietezza durante le ore notturne e di una sensazione di stanchezza e apatia durante il giorno.  Il quadro clinico è spesso completato da uno stato di veglia nelle ore notturne, dall’incapacità di dormire profondamente e da un precoce risveglio mattutino.
Il risveglio mattutino precoce è un fenomeno caratteristico delle insonnie su base depressiva endogena, mentre la sua presenza può essere incostante nelle forme nevrotiche o reattive.  Di solito il paziente depresso, dopo aver dormito soltanto tre o quattro ore, si risveglia improvvisamente rimanendo da solo con i propri pensieri a contenuto pessimistico e con il proprio vissuto di perdita nella spasmodica attesa dell’alba.  Il fatto di ritrovare al risveglio nuovamente tutta la disperazione e l’angoscia fa di queste ore quelle a più elevato rischio di suicidio, nel senso che è in questo periodo che il paziente comincia a ritenere il suicidio come unica via di uscita dalla sua disperazione.  Il risveglio mattutino precoce rappresenta l’aspetto più caratteristico dell’alterazione del sonno nella depressione maggiore, ma l’utilizzazione della polisonnografia ha permesso d’individuare altre anomalie che possono essere riscontrate all’incirca nel 90% dei pazienti depressi.

Demenze, forme psicotiche maniacali e schizofrenia
Relativamente a questi disturbi sarà sufficiente ricordare che frequentemente nelle demenze, sia primitive (malattie di Alzheimer) che secondarie (demenza multinfartuale), si può assistere ad un’inversione nictemerale, per cui questi pazienti sono portati a confondere la notte con il giorno: lo scambio è preceduto da una difficoltà di addormentamento con risvegli frequenti, successivamente si manifestano insonnia, agitazione durante la notte e sonnolenza diurna.
Negli stati di eccitamento maniacale l’insonnia può essere massiccia e totale, magari con brevi periodi di riposo durante il giorno; in ogni caso il sonno ha sempre durata breve e c’è un’estrema difficoltà ad addormentarsi.

 Nella schizofrenia i disturbi non sono presenti nelle fasi di cronicizzazione, in cui di solito si assite ad una normalizzazione del sonno, mentre fanno la loro comparsa nelle fasi acute con un allungamento della latenza del sonno, risvegli notturni ripetuti e riduzione delle fase 4.


b) Abuso di alcool e farmaci
Se si tiene conto dell’attuale largo uso di farmaci, si può capire come questo tipo di genesi possa rappresentare una possibilità da tener presente nel momento in cui si indaga su un problema di insonnia.
I farmaci che possono causare insonnia sono parecchi e possono farlo attraverso meccanismi diretti o indiretti, cioè attraverso fenomeni di tolleranza o disturbi specifici da sospensione .
1 farmaci stimolanti classici sono quelli a struttura feniletílaminica, cioè le varie anfetamine, che specialmente nel passato hanno trovato ampie modalità d’impiego ed il cui uso è attualmente molto ridotto.  Altri derivati anfetaminici trovano la loro utilizzazione clinica
come anoressizzanti, nella terapia dell’obesità.
Questi farmaci aumentano lo stato di vigilanza, la latenza del sonno ed il numero di risvegli notturni, e provocano un risveglio precoce al mattino determinando quindi l’insonnia.  Altre preparazioni farmaceutiche che possono provocare un’insonnia sono rappresentate dal gruppo dei simpaticomimetíci, dai beta-bloccanti, dalla levo-dopa, dai corticosteroidi e dagli antiasmatici.
Non bisogna trascurare che anche sostanze quali la caffeina in forti dosi, o anche le metilxantine contenute nel thè, nel cacao, nel cioccolato e nella cola, seppure spesso sottovalutate, possono essere all’origine di un’insonnia, se consumate in grande quantità.  La classe di farmaci che ci interessa di più ricordare in questa sede come possibile causa di insonnia è proprio quella che include i farmaci per l’insonnia, cioè gli ipnosedativi.  Nei pazienti che usano cronicamente ipnotici il sonno può essere interrotto da risvegli frequenti che durano più di 5 minuti, specialmente nella seconda metà della notte, e da un precoce risveglio mattutino [71.  Si assiste anche ad una diminuzione degli stadi 3 e 4 e ad una diminuzione del sonno REM, mentre la demarcazione tra le varie fasi del sonno diventa più sfumata [91. 


c) Malattie internistiche e neurologicbe
L’insonnia può entrare a far parte del quadro clinico di alcune patologie internistiche o di tipo neurologico, traendo la sua origine da fattori che dipendono direttamente dallo stato di malattia, come il dolore, che notoriamente induce un innalzamento dello stato di vigilanza, o dalla reazione disforica che ne deriva.  Esaminiamo brevemente le patologie che più frequentemente possono presentare tra le loro manifestazioni l’insonnia:

- angina pectoris: risvegli frequenti, attacchi nelle ore centrali e finali del sonno, soprattutto in fase REM-

- ernia iatale: risvegli frequenti.  Picchi di acidità gastrica nel sonno REM;

- ulcera duodenale: classici risvegli di mezzanotte.  Iperacidità gastrica nel sonno REM;

- osteoartrosi: risvegli durante le ultime ore di sonno;

- artrite reumatoide: difficoltà di addormentamento; frequenti risvegli;

- asma bronchiale: risvegli frequenti;

- ipertensione arteríosa: risvegli frequenti;

- emicrania classica: risveglio precoce al mattino;

- aritmie cardiache: riduzione del tempo totale di sonno e frequenti risvegli;

- cardiopatie: aumento del periodo di veglia, aumento della latenza dell’addormentamento, elevato numero di risvegli;

- infezioni delle vie urinarie: frequenti risvegli;

- ipertiroidismo: ritardo dell’addormentamento, non alterazione della durata e della distribuzione delle fasi;

- insufficienza renale cronica con uremia: modesto ritardo dell’addormentamento, frequenti risvegli nell’ultima parte della notte, ipersonnia invece da uremía grave.

- encefalopatie: diminuzione del sonno notturno, aumento della latenza dell’addormentamento, frequenti cambiamenti di fase;

- acidosi diabetica moderata: risvegli frequenti.

- infezioni broncopolmonarí con tosse: risvegli frequenti.

Non ci soffermiamo sui meccanismi attraverso i quali tutte queste patologie conducono all’insonnia; vogliamo invece far presente l’importanza della ricerca anche di una malattia somatica nel risalire all’eziologia dell’insonnia.

Tra le malattie neurologiche che più spesso si associano ad insonnia ricordiamo:

- demenze atrofiche primitive (morbo di Alzheimer e morbo di Pick);

- demenze secondarie (demenza multinfartuale);

- morbo di Parkinson;

- coree;

- encefaliti (forme ipercinetiche);

- encefalopatie tossiche;

- tumori cerebrali.


f) Insonnia associata ad apnea morfeica

Tipicamente l’episodio apnoico ha inizio con un russare crescente per un  periodo compreso tra i 20 e i 60 secondi che culmina in una apnea; il paziente durante la notte parla (sonniloquio) e si sveglia al mattino poco riposato, sonnolento, con una cefalea generalizzata.  Le lamentele rivolte al medico possono riguardare l’insonnia, ma più spesso l’eccessiva sonnolenza diurna o il russare segnalato da un eventuale compagno di letto.
Le statistiche dimostrano che gli uomini sono colpiti circa 20 volte più delle donne, con una preferenza per i maschi obesi, di età compresa tra i 40 e i 60 : i 2/3 dei pazienti sono obesi e un rapido aumento ponderale può far precipitare la sintomatologia.
Quest’affezione è stata descritta soltanto negli ultimi 15 anni, e attualmente è spesso trascurata sia come responsabile di un disturbo del sonno che come foriera di complicazioni anche gravi.  Infatti, numerosi studi hanno documentato strette correlazioni con altri problemi clinici tra cui:

- episodi ipertensivi che soprattutto negli anziani, possono portare a fatti ischemici;
- accidenti cerebrovascolari il cui rischio per i russatori sarebbe di 12 volte superiore ai controlli;
- crisi anginose ed aritmie cardiache determinate dall’ipossia: è stato osservato un incremento medio di 5 battiti per minuto nel russatore, che perdura anche durante la veglia;
- impegno del cuore destro che può portare allo scompenso cardiaco insieme alla policitemia;
- tendenza all’aumento della pressione arteriosa: durante le crisi apnoiche sono state registrate puntate ipertensive  intense.

Sulla base del meccanismo fisiopatologico che sostiene quest’affezione, sono state individuate tre varianti di apnea da sonno: centrale, periferica (occlusiva) e mista.  Sul piano clinico l’apnea di tipo centrale è riconoscibile per l’assenza di flusso aereo e di movimenti respiratori della gabbia toracica.  Nella variante periferica manca il flusso aereo, ma si evidenzia uno sforzo respiratorio da parte della muscolatura toracica e del diaframma;, Le varianti miste sono le più frequenti nella pratica clinica, anche per il fatto che un’apnea che sia inizialmente centrale può in seguito complicarsi con un disturbo su base ostruttiva: clinicamente si riscontreranno un’alternanza di arresti dei movimenti respiratori e fenomeni ostruttivi delle vie aeree superiori.  Il paziente apnoico è raramente consapevole dei propri risvegli notturni e della cattiva qualità del proprio sonno, per cui egli si recherà dal medico accusando cefalea ed eccessiva sonnolenza diurna: in questi casi andrebbe sospettata l’esistenza di una simile affezione, soprattlitto se si tratta di un paziente di sesso maschile e di mezza età, con eccedenza ponderale e con una storia di tendenza a russare. Spesso non è facile diagnosticare un’apnea da sonno sulla base dei soli dati anamnestici e clinici; pertanto quest’affezione rappresenta una delle indicazioni per uno studio polisonnografico.
Il trattamento, naturalmente, dipende dalla gravità dei sintomi: i pazienti colpiti da forme gravi possono arrivare ad aver bisogno di una tracheostomia.
Nelle forme più lievi, l’impostazione terapeutica prevede l’eliminazione dell’eccedenza ponderale e delle condizioni cliniche concausali (acromegalia, ipotiroidismo, malattie del SNC).
Comunque va detto che nessuna terapia, fino a questo momento, ha dato risultati brillanti: qualche effetto è stato ottenuto con il medrossiprogesterone (che agisce come stimolante respiratorio), con la protriptilina e l’aminofillina, le quali agiscono come anticolinergici sopprimendo il sonno REM che rappresenta il periodo più a rischio per gli episodi apnoici.  Anche la teofillina e l’acetazolamide si sono dimostrati di una qualche utilità.
La terapia chirurgica viene effettuata con lo scopo di rendere più larghe le vie aeree superiori: si ottengono buoni risultati con l’uvulopalato-faringoplastica di Fujita l’adenotonsillectomia e la resezione dell’osso ioide.  Anche la ventilazione a pressione positiva (CPAP), continua od intermittente, durante la notte viene utilizzata, soprattutto con lo scopo di mantenere la pervietà delle vie aeree superiori, mentre nelle forme di apnea centrale sono anche impiegati stimolatori elettrici per il muscolo diaframmatico.  In alcuni casi la gravità dei sintomi può richiedere una tracheostomia con cannula a permanenza da aprire durante la notte per ripristinare il flusso aereo.

d) Insonnia associata a sindrome delle gambe senza riposo (Restless Legs Syndrome, RLS).
La RLS è un’altra frequente causa di insonnia.  Essa è caratterizzata da sensazioni parestesiche fastidiosissime, di solito a carattere frequente, agli arti inferiori con irresistibile spinta al movimento.  Sono localizzate nella profondità del polpaccio, costringono il paziente a stropicciare gli arti tra loro e sono alleviate soltanto dal movimento.  Il disturbo si manifesta nel periodo dell’addormentamento o nelle ore immediatamente precedenti, magari quando il paziente è immobile davanti al televisore.  Insieme alle parestesie possono essere avvertiti freddo, dolore o astenia agli arti.
Spesso la RLS porta ad un’insonnia grave, poiché il paziente è costretto a camminare per gran parte della notte, a volte fino al mattino, avanti e indietro per la stanza allo scopo di alleviare il fastidio.  Nei casi meno gravi, comunque, il sonno è disturbato e di rado il soggetto riesce a raggiungere le fasi del sonno più profonde.  Accanto ai fenomeni dísestesici in questo tipo di pazienti vengono descritte spesso mioclonie ritmiche ogni 13-30 secondi.
L’etiologia di questa sindrome non è nota, ma sembrerebbe trattarsi di un disturbo su base familiare spesso associato a mioclono.

Importante notare come spesso esso si accompagni a malattie organiche come l’anemia sideropenica, alcune avitaminosi, le malattie broncopolmonari croniche, le mieloradicolopatie, l’amiloidosi primaria, la neuropatia diabetica, la poliomielite acuta, l’uremia o a stati fisiologici come la gravidanza.
Non esiste una terapia specifica per la RLS, ma buon risultati sono stati ottenuti con l’uso di benzodiazepine (diazepam; clonazepam), di miorilassanti (baclofen), di idrossitriptofano, folati e vitamina E.
Alcuni autori sostengono che i pazienti rispondono al farmaco per lunghi periodi, ma che in molti casi si può determinare una tolleranza con diminuzione degli effetti.  In queste circostanze sarebbe opportuno adattare schemi di terapia settimanale o bisettimanale.


e) Pseudoinsonnie costituzionali

Tra le varie forme di pseudoinsonnie figurano le pseudoinsonnie costituzionali, che poi nella realtà corrispondono ad una situazione di ridotta esigenza; vale a dire che esiste una categoria di individui, cosiddetti brevi dormitori, i quali necessitano di poche ore di sonno per notte e non accusano eccessiva sonnolenza durante il giorno.  Non è difficile identificare questo tipo di situazione, poiché in questi casi il paziente, nella sua anamnesi, riferirà di avere sempre, praticamente fin dai primi anni di età, dormito poco, al contrario di altre situazioni, che invece sono da studiare più attentamente, in cui l’insonnia insorge come fatto relativamente nuovo nella storia del paziente.

b) Riduzione di sonno dovuta all’età

Normali sono le modificazioni neurofisiologiche del sonno con l’avanzare dell’età, quindi basterà ricordare che effettivamente nell’anziano il tempo totale di sonno è diminuito, assestandosi sulle 6-7 ore per notte; i risvegli sono molto più frequenti ed il sonno assume un andamento polifasico con sonnellini durante la giornata.  Per queste ragioni è facile che un soggetto anziano si lamenti del poco sonno, soprattutto in conseguenza dei ripetuti risvegli durante la notte.  In ogni caso non va trascurata l’abitudine, sempre più frequente con l’avanzare dell’età, ai sonnellíni durante la giornata, i quali vanno compresi nel calcolo globale delle ore di sonno.
In conclusione, nell’anziano si può parlare soprattutto di un sonno più leggero con una maggiore fragilità dei pattern ed un’accentuazione delle caratteristiche individuali, tutti fattori che possono portare ad una riduzione delle ore di sonno, ma non di una insonnia che insorgerebbe inevitabilmente con l’età.
Nei casi in cui questo accade è opportuno tener presente che, specialmente in un soggetto di età avanzata, un disturbo del sonno potrebbe riflettere una patologia di tipo internistico o essere uno dei primi sintomi di un decadimento di tipo demenziale.

ci) Pseudoinsonnia da mancanza di Zeitgeber
E’ noto che il sonno e la conseguente sensazione di riposo sono migliori quando i ritmi giornalieri sonno/veglia sono strettamente correlati in accompagnamento di fase con i ritmi circadiani corporei ed il ciclo ambientale giorno/notte.
Si può verificare che in alcuni individui, per diverse ragioni, si crei uno sfasamento all’interno di questi ritmi e che il sonno diventi in questo modo variabile ed irregolare.  Sappiamo che le abitudini di vita di un soggetto giocano in questo senso un ruolo estremamente importante, rappresentando i segnatempo (zeitgeber) che scandiscono con determinati ritmi la giornata regolandone in qualche modo lo svolgimento.
Può capitare ad alcune persone di vivere una vita non sufficientemente organizzata come è il caso degli studenti, degli anziani e dei disoccupati, e in questi casi c’è la possibilità di andare incontro ad irregolarità del sonno.
Tutte queste situazioni, tuttavia, non presentano un quadro caratteristico di insonnia: esse sono, piuttosto, caratterizzate da un ritardo della fase ipnica, accompagnato dalla tendenza a dormire più a lungo al mattino; per il resto la qualità e le ore totali di sonno sono conservate.

c2) Pseudoinsonnia nei turnisti di notte
Nei lavoratori costretti ai turni di notte si assiste ad uno sfasamento parziale o completo dei ritmi nictemerali, soprattutto se sono frequenti i cambiamenti dei turni di lavoro dal giorno alla notte.  Durante le ore di veglia questi soggetti accusano irritabilità, affaticabilità ed un calo delle prestazioni anche sul piano psichico. 1 disturbi del sonno consistono in frammentarietà, dovuta ai risvegli intercorrenti, e brevità; nel complesso, non si ha sonno ristoratore.  In genere, durante il fine settimana si assiste ad un tentativo di recupero per mezzo di lunghi sonni supplementari.  La maggiore capacità di adattamento di alcuni individui sembra dipendere dal più rapido allineamento dei parametri biologici a questi ritmi, soprattutto della temperatura corporea.

c3) jet lag syndrome (JLS)
La JLS è inclusa nei disturbi transitori del ritmo sonno/veglia e si definisce come una dissonnia transitoria che si verifica in seguito ad un lungo viaggio aereo, di solito transcontinentale, che comporta un cambiamento di fuso orario.  Il disturbo del sonno che ne consegue dipende dalla privazione di sonno e sia dallo spostamento del ciclo sonno/veglia.

Questa sindrome presenta una caratteristica singolare: se lo spostamento avviene verso ovest si produce una minore perdita di sonno, poiché essendo il ciclo circadíano di 25 ore, rende più facile prolungare il giorno e ritardare l’ora in cui andare a dormire.  Quindi il giorno successivo allo spostamento potrà esserci insonnia, ma rapidamente avverrà una regolarizzazione del ciclo.  Quando lo spostamento avviene verso est, soprattutto se dopo un volo notturno, anche se il giorno seguente si dormirà bene, potrà verificarsi insonnia in quelli successivi.
La sintomatologia della JLS comprende la mancanza di stabilità del sonno, con ripetuti risvegli, sonnolenza in ore inopportune della giornata, accompagnata da sintomi meno specifici, quali disturbi gastrici, diarrea o stipsi, irritabilità, astenia e calo delle prestazioni psicofisiche.  L’adattamento al nuovo fuso orario può richiedere un tempo variabile da qualche giorno a due settimane.


Eziopatogenesi dell’insonnia Primaria: fattori causali

Con il termine insonnia primaria facciamo riferimento a tutte quelle forme che non presentano alcuna associazione con disturbi di natura organica o psichiatrica.  Esistono diverse forme di insonnia primaria, ma senza dubbio quelle di più frequente riscontro nella pratica clinica sono l’insonnia reattiva e quella psicofisiologíca, ed è sostanzialmente di queste che ci occuperemo.
E’ difficile dare una spiegazione eziopatogenetica dell’insonnia che sul piano psicopatologico sia in accordo con quanto abbiamo detto precedentemente a proposito dell’aspetto neurofisiologico e neurochirnico.  Per questa ragione sarà utile, almeno in un primo momento, tener separati i due aspetti, salvo poi cercare di ricollegare lo psichico al biologico ogni qual volta questo sarà possibile, in modo che l’operazione non risulti come una forzatura.
Per poter studiare con una certa accuratezza i fattori causali di insonnia primaria sarebbe necessario uno studio di tipo longitudinale su un certo numero di pazienti-campione da seguire per anni, il che richiederebbe tempi estremamente lunghi, oltre che una quantità di lavoro enorme.  Cercheremo quindi di fare delle ipotesi basandoci su alcuni dati ricavati dalla letteratura più recente in materia di insonnia.  Nel prendere in considerazione le possibili cause di insonnia seguiamo tre indicazioni fondamentali:
1) la predisposizione biologica;
2) lo stress ambientale;
3) i fattori psicologici.

E’ utile, ai fini di una certa chiarezza, considerare separatamente questi fattori per cercare di capire quali siano i meccanismi attraverso cui ognuno di essi conduce ad una specifica forma di insonnia.  In questo modo possiamo ricollegare una determinata forma di insonnia ad un preciso fattore causale: lo stress all’insonnia reattiva, una predisposizione biologica all’insonnia idiopatica, e i fattori psicologici all’insonnia psicofisiologica.
Se un modello di causalità lineare può essere plausibile in certi casi, tuttavia non si può escludere l’esistenza di possibili interazioni tra i vari fattori nel determinare altri quadri di insonnia.
Non è raro, ad esempio, che su una generica predisposizione ad un sonno ridotto si innestino fattori di tipo psicologico che possono portare ad un’insonnia psicofisiologica; o che un’insonnia reattiva persista, anche dopo che la causa scatenante è scomparsa, perché mantenuta da altre situazioni.
Sarebbe quindi corretto pensare all’insonnia come ad un disturbo ad etiologia multifattoriale in cui il peso relativo di ciascun fattore concausale contribuisce a determinarne le caratteristiche.


l. PREDISPOSIZIONE BIOLOGICA E INSONNIA IDIOPATICA

Attualmente le nostre conoscenze circa l’esistenza di una predisposizione biologica all’insonnia sono ancora piuttosto scarse.
Quello che siamo in grado di affermare con certezza è che nei vari individui esiste una diversa propensione al sonno sulla base di una necessità strettamente personale: sono abbastanza comuni le definizioni di sport sleepers e long sleepers per indicare le differenze in termini quantitativi rispetto alla media dei cosiddetti buoni dormitori.  Effettivamente il bisogno di sonno è assolutamente individuale e variabile da una persona all’altra: esistono soggetti che dormono dalle quattro alle sei ore per notte e che tuttavia non accusano né disturbi né un calo delle prestazioni durante la giornata.  Molto spesso si incorre nell’errore di considerare questi individui come insonni, mentre in realtà è più corretto definirli come pseudoinsonni costituzionali, cioè soggetti iperattivi aventi una ridotta esigenza di sonno, i quali nell’arco della propria vita hanno sempre dormito per un numero di ore relativamente scarso senza che questo abbia mai costituito per loro una fonte di disagio.
Ci sono invece casi di cosiddetta insonnia idiopatica in cui il dato di un sonno quantitativamente ridotto o comunque poco ristoratore compare precocemente nell’anamnesi personale del paziente.
Le forme idiopatiche di insonnia sono di rara osservazione nella loro forma pura; non sono noti i meccanismi che stanno alla base di questi disturbi, ma sembra che alcuni autori abbiano rilevato l’esistenza di lievissimi segni neurologici in questi pazienti, rispetto alle altre categorie di pazienti insonni.  E’ interessante anche il fatto che alcuni autori, abbiano riscontrato negli insonni cronici un elevato livello di vigilanza, il quale è stato interpretato e considerato come suggestivo di una disfunzione a livello centrale, un fenomeno operante su tutto l’arco delle 24 ore, stabilmente e non soltanto durante la notte.
Questa tendenza all’iperarousal è stata considerata come predisponente all’insonnia cronica, come una causa necessaria Ma non sufficiente che può essere esacerbata da varie condizioni, tra cui lo stress ed i disturbi psicopatologici.  Essa inoltre costituirebbe un fattore indipendente e distinto dall’ansia o da altri stati psicopatologici, potendo al più interagire con essi.


2. EVENTI DI VITA STRESSANTI E INSONNIA REATTIVA

Con questa espressione ci si riferisce comunemente a situazioni che sono causa di stress per una determinata persona.  In genere si tratta di problemi in campo lavorativo, in ambito familiare o di salute ovvero di avvenimenti spiacevoli che spesso si ricollegano all’esperienza della separazione (divorzi, lutti, allontanamento o perdita di persone significative).  Molto spesso non si considera il fatto che un avvenimento stressante non deve essere necessariamente negativo, ma può avere al contrario una connotazione positiva: l’aspetto rilevante rimane collegato alla forte carica emozionale che l’accompagna e all’entità del coinvolgimento.
Infine un qualsiasi avvenimento può risultare stressante anche in ragione del particolare significato che gli viene attribuito da chi ne fa esperienza, generalmente in relazione a dinamiche molto profonde.  In altre parole l’avvenimento, che di per sé può non essere stressante, lo diventa secondariamente per l’eccessiva ansia con cui viene affrontato e per il significato abnorme di cui viene investito.
In genere l’individuo, di fronte allo stress, produce una reazione aspecifica che mette in atto meccanismi di difesa adatti a proteggerlo e a portarlo ad un nuovo livello di adattamento alle mutate condizioni ambientali.  Sul piano strettamente fisiologico, nella fase iniziale di risposta si realizza un’iperattività simpatica che comporta un’iperíncrezione di catecolamine, mentre persistendo lo stress subentra in un secondo momento un meccanismo a lungo termine che coinvolge l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.

Sul piano psicobiologico si viene a creare uno stato di arousal, vale a dire di accresciuta vigilanza e di allarme, che rappresenta il correlato comportamentale delle modificazioni fisiologiche ed endocrine.  Nel mobilitare una quantità di risorse sia fisiche che psicologiche non è sempre implicito che l’individuo raggiunga un adattamento che risulti funzionale, anzi molto spesso questo può essere disfunzionale e dar luogo ad una qualche forma di patologia.  Il livello individuale di mobilitazione e di adattamento è connesso soprattutto alla gravità e alla natura dello stress ed anche a come questo viene vissuto dal soggetto.  Questo modello è quello che meglio si adatta alla spiegazione dell’origine delle forme reattive di insonnia che in alcune classificazioni vengono infatti descritte come «disordini del sonno da adattamento».  In questi casi è evidente che il meccanismo biologico sottostante fa riferimento ai correlati neurovegetativi dell’emozione sostenuti da un’attivazione di tipo neurochimico attraverso il rilascio delle catecolamine: lo stato di ipervigilanza che ne deriva non si concilia con il sonno.  A queste cause possiamo far risalire tutte le forme di insonnia transitoria o episodica associate ad un evento emozionale piacevole o spiacevole, le quali generalmente si risolvono con la scomparsa dell’avvenimento scatenante o con il progressivo adattamento ad esso da parte del soggetto. E’utile sottolineare che spesso sono le persone comunemente definite come “emotive” a soffrire di queste forme di insonnia reattiva, poiché si tratta di soggetti aventi una soglia per l’emotività costituzionalmente bassa in relazione alle loro caratteristiche psicologiche.  Può essere opportuno ricordare che una situazione di bassa soglia non deve essere ricercata soltanto in ambito costituzionale, ma può venire a realizzarsi gradualmente con l’avanzare dell’età.  Più frequente che i soggetti anziani soffrano di episodi di insonnia reattiva in seguito ad avvertimenti vissuti con una forte intensità emotiva.


3. FATTORI PSICOLOGICI E INSONNIA PSICOFISIOLOGICA

Esistono forme di insonnia, come quella psicofisiologica  la cui spiegazione non può essere data in termini di reazione allo stress o di predisposizione biologica.  Il più delle volte questo tipo di insonnia ha un decorso cronico, o meglio ciclico, in cui periodi di remissione si alternano a periodi di recrudescenza che rappresentano un serio e grave problema per il paziente.
Non è sempre possibile identificare un avvenimento scatenante tale da potergli conferire un valore causale nell’insorgenza e nello sviluppo di un disturbo del sonno, perciò è evidente che le cause vanno ricercate altrove.  Se prendiamo in considerazione la storia personale di questi soggetti vi notiamo la presenza di dati abbastanza interessanti: un’alta incidenza di incubi durante l’infanzia, l’esperienza di un elevato numero di avvenimenti spiacevoli (perdite, separazioni), la presenza di disturbi di tipo somatico, problemi familiari.
Alcuni autori, hanno riscontrato che nei bambini, futuri insonni, esiste una tendenza ad esprimere il disagio e il malcontento attraverso uno schema di somatizzazione inerente soprattutto i bisogni fondamentali come il cibo ed il sonno, piuttosto che per mezzo di qualche difficoltà di comportamento manifesta.  Evidentemente un’insonnia cronica deve dipendere in qualche modo dall’esistenza di peculiari caratteristiche psicologiche del soggetto che ne soffre.  Dai diversi studi effettuati con lo scopo di ottenere uno o più profili psicopatologici-tipo dei pazienti insonni cronici si ricava un insieme di dati abbastanza omogeneo.  La maggior parte degli autori è concorde nel sostenere che negli insonni cronici esista un certo grado di psicopatologia, anche se i valori riferiti in termini percentuali si discostano molto tra di loro: Carskadon M. e Dement W. trovano profili anormali soltanto nel 58% dei soggetti, Kales A. e Kales J.D. nell’85%, Roth T. e Kramer M. nell’88%.

I tratti di personalità (testati con MMPI) riscontrati con maggior frequenza in tutti gli studi sono relativi alla triade depressione-ansia-isteria.  In altre parole, gli insonni cronici presentano tratti nevrotici più spesso di tipo ansioso o depressivo o soffrono di una nevrosi isterica; mentre in una percentuale di casi decisamente inferiore si hanno altri tipi di disturbi psicopatologici (nevrosi ossessivo-fobica, tendenze psicopatiche, schizofrenia).
Non è sempre facile, a partire da questi dati, capire quale sia il tipo di meccanismo che da una condizione di psicopatologia apre la strada all’insonnia.
Probabilmente, soltanto nel caso di una nevrosi d’ansia è possibile dare una spiegazione che sia soddisfacente sia sul piano psicopatologico che su quello neurofisiologico.  Comunemente l’ansia viene definita come una paura senza oggetto o meglio come la penosa aspettativa di qualcosa di spiacevole che può succedere.  Essa è fisiologica poiché corrisponde alla messa in atto di un programma biologico che pone l’individuo in uno stato di allarme di fronte ad un eventuale pericolo.
Nel momento in cui l’ansia si presenta come quantitativamente eccessiva o si manifesta anacronisticamente, cioè legata a situazioni che mediamente non sono ansiogene, essa diventa patologica, non è più funzionale e comporta uno scadimento delle prestazioni dell’individuo.  E quanto si verifica nei nevrotici ansiosi, i quali vivono costantemente in uno stato anticipatorio, sempre al di là delle situazioni contingenti.  Tutto questo, sul piano neurofisiologico si accompagna ad un’iperattività delle strutture presposte al controllo della vigilanza, perciò «non è difficile capire come i nevrotici ansiosi forniscano uno dei più alti contingenti dell’insonnia; e sono forse questi gli unici casi nei quali l’insonnia può avere una spiegazione neurofisiologica.
Un’altra importante causa di insonnia è la depressione: ci riferiamo a quella nevrotica, lasciando da parte la depressione endogena, poiché in questi casi l’insonnia rappresenta sul piano clinico una manifestazione degli squilibri biochimici che la definiscono.  Al contrario, può essere difficile comprendere il significato dell’insonnia all’interno di una depressione nevrotica.  Sul piano neurofisiologico, è possibile ricollegarsi alla componente ansiosa: infatti è difficile trovare casi di depressione nevrotica senza ansia.  Inoltre una psiconevrosi nasce sempre da uno stato ansioso ed è proprio l’ansia a mettere in atto quei meccanismi di difesa che in un secondo momento portano alla formazione del sintomo.  Quindi lo stato ansioso sottostante è responsabile dello sviluppo e del mantenimento dell’insonnia ed in un certo senso, benché esista una varietà di strade nevrotiche che conducono all’insonnia, il meccanismo neurofisiologico è lo stesso da una situazione all’altra
Un particolare tipo di fobia di cui soffrono tutti i pazienti insonni, che si tratti di forme croniche o reattive non ha importanza, è la agripnofobia, cioè la paura dell’insonnia.  Il paziente che soffre di insonnia è in genere estremamente preoccupato circa gli effetti e le conseguenze che questa può avere il giorno successivo sul proprio umore e sul proprio livello prestazionale, fisico e psichico.  Il malessere, a volte, può essere così grave che il paziente è praticamente spaventato al pensiero di ripetere una simile esperienza.  Per questa ragione al momento di andare a letto, ma soprattutto dopo lo spegnimento delle luci, egli entra in uno stato ansioso nei confronti del proprio sonno, preoccupato di come passerà la notte e di come si sentirà il giorno successivo.  Non è raro che egli metta in atto una serie di strategie per rimandare il momento in cui deve coricarsi.  Una volta a letto il paziente si sforzerà attivamente di dormire, ma con risultati opposti: spesso si addormenta all’alba, nel momento in cui ha perso ogni speranza di poter dormire e quindi si rilassa.  In pratica si tratta di un condizionamento negativo che si verifica nei confronti del sonno stesso, ma anche dell’ambiente in cui si dorme, per cui a volte può essere utile cambiare stanza. È comunque una complicazione che subentra a qualsiasi tipo di insonnia, contribuendo a creare un circolo vizioso dal quale non è sempre facile uscire.


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